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Riflessi di Città

IL FILOSOFO ITALO MANCINI E LA CITTÀ DI MANFREDONIA

    

    
     Sembra gl’intitoleranno una via. E’ il minimo che possa fare una città che ha avuto il privilegio di ospitare, saltuariamente ma per diversi anni, il grande filosofo cattolico. A questa città egli ha elevato riconoscente la dedica, nel suo libro “La filosofia della prassi”, con tali parole:
     “Ho scritto in pace e tra gente caramente amica la maggior parte di questo libro, camminando lungo i viali desertamente vivi di Siponto, di cui conosco ogni pietra e ogni ombra, quando sembra che i raggi della grande luce corrano nella pagina sul filo della penna. E alla sera la solitudine soddisfatta si coronava della livida luce del cielo immerso tra il Gargano, il Tavoliere e il Golfo, ben limitato in giro dalla fulva cerchia di fuoco, fino a quando la casa degli amici offriva la distensione necessaria tra il già-fatto e il non-ancora del domani”.
     Questo filosofo attualissimo e profetico, soprattutto in questi momenti bui d’integralismo religioso, si occupò di ontologia, metafisica, teologia e diritto, ma senza mai dimenticare la città degli uomini, assillandosi nella ricerca di risposte terapeutiche alle malattie del nostro tempo.
     In una delle sue permanenze a Siponto, dove spesso amava soffermarsi per scrivere i suoi libri, e dove concepì quasi tutte le argomentazioni di “Filosofia della prassi”, mi parlò un giorno di un incontro che lo aveva particolarmente colpito, anche se spesso i suoi racconti sembravano parabole.
     Mi disse.
     - Stamattina ho parlato con un vecchio uomo di mare, al quale dicevo: “Che venga il bel tempo e sia un’estate lieta”. E lui mi ha detto, sorridendo: “Sta tutto nelle mani di Dio, che sono mani grandi, lunghe, lunghe…”
     Ecco l’incomparabile capacità di Italo Mancini, essere riuscito, nonostante il suo spirito di sacerdote un po’ laico, dalla fede del filosofo che ha sempre mille motivi per mettere in crisi le sicurezze degli altri, a mantenere come quell’uomo di mare il cuore antico della gente, ch’è capace di leggere la realtà con una lente deformante, fino a congiungere le nostre povero cose quotidiane con le lunghe mani di Dio.


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